Un patto civico per il rinnovamento della Lombardia

17.10.2012 21:56

 

In Lombardia un lungo ciclo politico dominato dal centrodestra è entrato profondamente in crisi e per tutte le forze che stanno fuori dall’asse asfittico di Pdl e Lega si è aperta una grande opportunità. L'irrompere della crisi economica e sociale ha reso sempre più evidente la fragilità della loro prospettiva illusoria e sbagliata. Quindi, è nel confronto con la realtà delle cose che si è frantumata la loro forza elettorale.

Deve essere chiaro però che in passato la loro forza è stata profonda e dirompente. Non si è trattato solo di marketing elettorale. Il centrosinistra si è trovato per lungo tempo nell’angolo, fragile e smarrito, tra la riproposizione stanca di alcune ricette e una subalternità determinata spesso dall’ansia di sopravvivenza.

D’altro canto, anche quando sul territorio ha provato a esercitarsi con l'innovazione della propria cultura politica, troppo spesso è stato lasciato solo, privo di sponde credibili sulla scena nazionale. Ma ora è davvero possibile aprire uno scenario nuovo per questa regione. L'esperienza del centrodestra lombardo guidato da Formigoni è al capolinea. Logorata e incapace di rinnovarsi, oggi la stagione declinante della destra si trascina nel tempo senza offrire più prospettive a una regione segnata profondamente dalla crisi.

La sfida è indicare una prospettiva forte per il futuro della Lombardia. E per essere all'altezza di questo impegno dobbiamo guardare prima di tutto alla metamorfosi che stiamo attraversando in ragione del nuovo ciclo economico e sociale che si è aperto su scala globale. Questo è il livello della sfida. Molte antiche certezze non torneranno più, dobbiamo fare i conti con un mutamento di fase storico che ci impone di ripensare i fondamentali. E dobbiamo convincerci del fatto che questo passaggio delicato ci espone certamente a grandi rischi, ma ci offre anche un’occasione decisiva per ridefinire un’idea forte di sviluppo e coesione. Per questo il nostro compito è quello di proporre un'idea concreta di cambiamento e rinnovamento, anche del modo di concepire l’istituzione regionale. Reinterpretando prima di tutto alcuni valori irrinunciabili come equità e solidarietà e ricostruendo una condizione essenziale come la fiducia.

 

Crediamo che il confronto vada aperto su alcuni nodi di fondo:

 

 

Più europei e più cosmopoliti.

Anche se in questi ultimi anni abbiamo perso posizioni, siamo una delle regioni più forti del continente e di questa forza spesso non c’è consapevolezza. Dobbiamo orientare sempre più tutte le decisioni pubbliche al confronto con il meglio d'Europa. Senza paura. Vanno rafforzate le scelte d’area vasta che coinvolgano tutto il nord nell’idea di un’unica piattaforma territoriale. Dalle reti per la mobilità e la logistica, agli investimenti in ricerca e tecnologie, ai servizi di pubblica utilità, alle modalità di produzione. Dal sistema delle università, alle reti della cultura, all’innovazione: il nodo è il rilancio di tutti gli investimenti sul capitale umano, consapevoli  che la competizione internazionale metterà sempre di più a confronto fra loro le grandi aree urbane globali. In questa chiave va ripensato anche il modello di Stato riprendendo la strada federalista per riconnettere

autonomia e responsabilità, combattendo il centralismo regionale. Ma il punto è anche radicare sempre più una moderna cultura civica basata sulla tolleranza, sull'apertura, sul cosmopolitismo e sulla cittadinanza, rilanciando così il meglio della nostra storia e tradizione di terra aperta. Altro che coniare una fantomatica (inutile e dannosa) moneta lombarda!

 

 

Sviluppo sostenibile e nuova economia.

Dobbiamo raccogliere la sfida della sostenibilità ambientale e della qualità riconciliando ambiente e sviluppo. Occorrono scelte più nette e incisive. A partire da politiche industriali regionali per l’economia verde a sostegno di nuove produzioni nei settori emergenti, concentrando le risorse e non disperdendole su mille fronti, dato che oggi la Regione Lombardia gestisce circa 1 Miliardo di euro per la competitività frammentando

poi queste risorse in oltre 240 azioni senza valutare la loro reale efficacia. Per questo occorre valutare anche il taglio netto dei contributi alle imprese in cambio di meno tasse subito (Irap) e il rafforzamento degli strumenti di sostegno ai produttori a partire dall’accesso al credito. Possiamo studiare sostegni alla reindustrializzazione legati alla formazione e all'occupazione di giovani e donne. Investimenti mirati nelle infrastrutture digitali e nei poli tecnologici. Una politica urbanistica e di gestione del territorio orientata prima di tutto al riutilizzo e alla riconversione per non consumare altro suolo (oggi spariscono ogni anno ben 5.000 ettari di terreno agricolo qui in Lombardia). Edilizia sociale e bioedilizia sono due fronti strategici su cui investire. Beni comuni come l’acqua vanno messi in sicurezza e gestiti con efficienza dal pubblico. E poi serve una politica interregionale per tutelare la qualità dell’aria e un piano per le energie che creda davvero alle rinnovabili e all’efficienza energetica. Una strategia forte d’investimento sul trasporto pubblico regionale a cominciare dalla rete ferroviaria non può più tardare.

 

 

Lavoro, sapere e innovazione delle reti sociali.

Di protezione e promozione delle persone. Per ridurre la forbice delle diseguaglianze e praticare nuove solidarietà, guardando ai rischi emergenti: non autosufficienza, scarso sviluppo del capitale umano, precarietà lavorativa e difficoltà di conciliazione tra professione e famiglia. Il tema cruciale è quello di rifare comunità.

L’ideologia del Voucher per ogni bisogno, con il sistema delle doti, va fermata perché ha già fatto molti danni. Criteri come quello della progressività vanno ristabiliti a tutela delle fasce più deboli, cominciando dai Ticket sanitari. Il sistema sanitario va riorganizzato e riequilibrato: il tema è fra pubblico e privato ma non solo.

E’ anche fra “logica ospedalo-centrica” e servizi di territorio. E’ anche, e forse prima di tutto, una scommessa vera sul “Secondo Welfare” quindi sul mutualismo, sull’impresa sociale e sul volontariato. Dove, se non in Lombardia, può avanzare una nuova visione del welfare capace di riconoscere e investire davvero sugli innovatori sociali? Poi c'è una grande questione di generazioni e di generi: a cominciare dal lavoro e dalla precarietà dei redditi. Navighiamo fra bisogni inediti e vecchie risposte e per capire il cambiamento che ci attende dovremmo guardare di più la nostra curva demografica! Servono politiche attive più robuste e un piano straordinario per l'occupazione: dai percorsi per la formazione continua e per la riqualificazione professionale di chi viene espulso dal lavoro, alla riforma dell’incontro fra domanda e offerta, a un sistema di formazione professionale maggiormente orientato all’occupabilità. Da azioni forti di sostegno al reddito nei periodi transitori difficili, al sostegno effettivo della contrattazione integrativa. 

 

Un modo diverso di esercitare il potere.

Meno verticistico, meno invadente e meno personalistico. Più sobrio. Realmente sussidiario e federalista, quindi, concentrato sulle questioni fondamentali del governo regionale. Meno onnivoro: via i partiti da molti ambiti tecnico-professionali, a partire dalle nomine in campo sanitario, iniziando con l’istituire davvero un’Autority indipendente per la selezione dei profili. E via il Pirellone da alcuni settori: non serve un neocentralismo regionale. L’open Government va adottato come principio cardine dell’organizzazione dell’intera macchina per semplificare e rafforzare trasparenza e legalità. Il baricentro delle decisioni va spostato sul territorio, verso i Comuni prima di tutto. Programmazione e controllo vanno disgiunti nettamente dalla gestione.

Controllore e controllato non possono sovrapporsi. Non potranno più esistere in sanità (o

altrove) “funzioni non tariffabili” determinate con discrezionalità, senza modalità codificate e senza controlli. Vanno stabiliti e rispettati limiti temporali di mandato per gli incarichi istituzionali ma anche per le più rilevanti responsabilità dirigenziali. Va praticata la parità di genere a cominciare dai luoghi esecutivi e vanno sperimentati strumenti di partecipazione attiva dei cittadini alle scelte pubbliche più rilevanti. Il tutto garantendo una reale capacità decisionale in tempi certi.

 

 

Da qui ci muoviamo per dare vita al Patto civico per il rinnovamento della Lombardia. Che per noi è innanzitutto l’incontro della politica e dei partiti - che lo vogliono e ci credono - con la società: liste civiche, associazioni e movimenti, singoli cittadini. In modo paritario, ciascuno per quello che può dare. Senza arroganze o veti preventivi e lasciando ad altri inutili polemiche sul ruolo dei partiti e sul ruolo della società:

come se in questo tempo qualcuno bastasse a se stesso di fronte alle sfide enormi che abbiamo davanti. Certo, siamo consapevoli del ruolo che deve svolgere un grande partito come il Pd nella definizione di questa prospettiva: abbiamo idee e persone all’altezza di questa occasione. Ci interessa la sostanza di un incontro positivo fra diversi soggetti che insieme possono lavorare al rinnovamento della Lombardia riconoscendo e valorizzando le energie straordinarie che questa terra può vantare. Con questo spirito andremo al confronto con i partiti, i movimenti, le associazioni e le realtà civiche lombarde promuovendo un Manifesto per la Lombardia del futuro e dando vita al Patto Civico.

 

Infine, per la scelta del candidato Presidente ribadiamo la scelta dell’utilizzo dello strumento delle primarie. Le faremo e saranno un grande momento di democrazia partecipata utile a rinsaldare il rapporto fra cittadini e buona politica. In ogni caso non percorreremo mai la via battuta dalla destra in questi anni delle leadership carismatiche e solitarie. Perché alla Lombardia, come al Paese, non serve una persona sola al comando. Serve una squadra aperta in grado di farsi nuova classe dirigente.

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